-Quanto possono portare lontano le “strade del vino”? Questa
volta, molto. Addirittura nella Napa Valley. Cosa c’entra con il Ticino?
C’entra, eccome. Perché il winemaker di una delle più quotate aziende di quella
regione, Michael Silacci della Opus One, ha origini vicinissime alle nostre. I
suoi avi sono partiti, esattamente cento anni fa, da Corippo.-
Con queste parole Carla Rezzonico Berri apriva l’articolo/intervista
che mi ha incuriosito parecchio. Per sua cortese concessione ne riporto alcuni passaggi
con le relative illustrazioni. Il testo completo lo si trova sulla Rivista
TicinoVino n.1 anno 2011, edita da Rezzonico Editore SA.
UN SOGNO CHIAMATO AMERICA.
Era il 1911, quando Luigi Scettrini lasciò Corippo, il
villaggio natale abbarbicato sugli erti pendii della Valle Verzasca. La meta
sua e del cugino che partiva con lui era l’America, il grande sogno di una vita
migliore che da più di cinquant’anni attirava i giovani del Vecchio Mondo.
Aveva 17 anni e un futuro davanti che avrebbe conquistato con il lavoro e la
fatica. E così fu: Luigi, nel frattempo diventato “Louis”, negli States si fece
una posizione, cominciando, come quasi tutti i nostri emigranti, con i lavori
umili in un ranch della California fino a diventarne proprietario con alcuni
parenti. Ma nel corso della sua lunga esistenza Louis Scettrini non dimenticò mai
quel pugno di case in pietra aggrappate alla montagna e tornò regolarmente in
Ticino e a Corippo, accompagnato, man mano che crescevano, dai suoi
nipoti “americani”. Il suo attaccamento lo spingeva ad interessarsi di quanto succedeva nella terra
dove era nato sia coltivando rapporti epistolari con i parenti, sia leggendo l’
”Eco di Locarno”, il trisettimanale della regione (edito dalla Rezzonico-Carminati
che ora cura la rivista che avete tra le mani), a cui era abbonato e che si
faceva spedire oltre oceano.
TRA VECCHIO E NUOVO MONDO
Tra i nipoti che conobbero il Ticino in compagnia del nonno c’era
Michael Silacci, “winemaker” della Opus One creata da Robert Mondavi e dal
Barone Philippe de Rothschild nel 1979 con il progetto di produrre un vino che
riflettesse le due identità, quella americana e quella francese, il Nuovo e il Vecchio
Mondo.
Incontriamo Michael che con molta disponibilità accetta di raccontarsi.
Dalle sue parole traspare il grande affetto e l’importanza che il nonno ha
avuto nella sua formazione.
VORREI VENDEMMIARE...
Erano gli anni ’70, partii per un lungo viaggio che toccò,
tra l’altro, le isole Hawai e il Giappone. Avevo con me la tenda, campeggiavo
dove mi trovavo. Ironia della sorte, qualche anno dopo, nella distesa dove
avevo piantato la mia tenda allora, un luogo deserto, ho trovato un lussuoso
resort... Conobbi molte persone, tra di esse una ragazza francese che più tardi
diventò mia moglie.
Visitai Parigi, non conoscevo la lingua ma volevo trovare un
lavoretto per guadagnarmi da vivere. Mi dissero che in quel periodo si cercavano
aiuti per la vendemmia. Partii verso Nantes, durante il viaggio ripetevo tra me
una delle poche frasi che avevo imparato “je voudrais faire les vendanges”. Mi
presentai in un “domaine”, dapprima mi fecero trasportare sacchi di zucchero, poi
mi trovai fra le vigne. Ho capito che vendemmiare è facile, ma vendemmiare bene non lo è.
Michael Silacci frequenta l’università Davis in California,
continua gli studi a Bordeaux, torna alla Davis e poi inizia a lavorare:
Sei anni per Beaulieu Vineyard, uno in Oregon, altri sei
anni alla Stag’s Leap Wine Cellars, finché nel 2001 è chiamato alla direzione
dell’Opus One a Oakville, nella Napa Valley.