Né Giuseppe né
Paolo Scettrini nelle loro lettere accennano a Ellis Island e al disbrigo delle
pratiche di immigrazione. Ma visitando il museo sull’isola nella baia di New
York ci si può fare un’idea abbastanza precisa di come avvenivano. Dal 1892 al
1954 questo isolotto di fronte al porto di New York fu il centro di smistamento
di tutti coloro che arrivavano in cerca di fortuna e faceva da filtro
all’enorme afflusso di persone che fuggivano da carestie, guerre e situazioni
di povertà nei loro paesi di origine. A Ellis Island venivano controllati i
passeggeri che viaggiavano sulle navi nelle classi più economiche, che dovevano
presentare i documenti e sottoporsi alla visita medica, a cui a volte ne
seguivano altre più specifiche. Particolarmente severo e temuto il controllo
degli occhi. Nella “sala di registrazione” i nuovi arrivati erano poi
interrogati, e possiamo immaginare quanto sgomento provassero: un mondo nuovo,
una lingua diversa, una folla intorno. Non era raro che persone che
presentavano segni di malattia o infermità fisiche o mentali venissero respinte
e rimandate in patria.
Per chi volesse
leggere il resoconto della visita a Ellis Island pubblicata su “Il Caffè” (28
agosto 2011):
Ecco alcune foto
scattate al museo e la traccia dei miei antenati sui registri di Ellis Island.
Chissà quanti corippesi sono passati da qui!